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2011-04-06

Dr. House & Cuddy: una pessima relazione

Il Prof. Jenkins -noto studioso di media e comunicazione, in particolare di Fandom- nel suo ultimo post critica il suo telefilm prefito: House MD. Gli sceneggiatori del medical non avrebbero adeguatamente approfondito la relazione tra Cuddy-House.
Una nota assolutamente condivisibile da ogni spettatore, anche il più distratto avrà visto il fondamentale cambiamento tra i personaggi. Una trasformazione che ha appiattito le dinamiche tra i due colleghi, disevolvendosi verso una via "facile" quella della storia d'amore e rinunciando alla complessità che caratterizzava la serie.

House MD è l'eccezione? No, bensì la regola a Hollywood, almeno per Jeknins. L'acafan accusa senza mezzi termini gli scenggiatori americani: senza ironia, senza esperienza sui legami sentimentali importanti, sono troppo giovani e tritamatrimoni, come ogni buon californiano!

L'eccezione sarebbero allora le serie ben scritte, dove gli archi narrativi dei personaggi seguono un'evoluzione credibile, e il Prof. Jenkins ne rintraccia uno nella struttura narrativa tra partner di White Collar.

Da Acafan la sua è solo un'opinione, non una teoria sentenziosa, per questo rilancia il tema agli spettatori:

"But, tell me, what would you most like to teach the show runner of your choice about the care and feeding of actual human characters involved in committed relationships?" 


 Voi che ne pensate??
Per tutti i commenti e le osservazioni c'è la sua mail: hjenkins@usc.edu

Vedi l'articolo originale
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2011-03-31

Perchè Noi No e gli "Eddy" Si?

Su Sette del 33 Marzo Aldo Grasso pubblica un articolo dal titolo “professione: autore” che rappresenta il pensiero di comune di molti quando hanno visto il noto Eddy in Clerici entrare come stagista alla Rai, con un cv da animatore di crociere che mastica male l'italiano fino a diventare autore televisivo.
Posto qui l'articolo
"il pettegolezzo non ci interessa.[...] Già in passato avevamo affrontato il problema, non ricevendo alcuna

risposta dalla Rai o da chi di dovere: avevamo percepito solo un più che malcelato senso di fastidio. Dunque Eddy è il compagno di origini congolese della Clerici. Si sono conosciuti anni fa in un villaggio vacanza a Marrakech dove il giovane era impegnano nel ruolo di animatore. Amore travolgente. Prima con la prova del cuoco, poi con altri programmi, persino con la conduzione del Festival di Sanremo, Eddy è stato promosso ad autore televisivo. Ora però sempre che la notizia sia vera, l’ex animatore non si fa più vedere nello studio della Prova del Cuoco.
Per non personalizzare la vicenda, sarebbe interessante passare al setaccio molti titoli di cosa e di testa dei programmi televisivi. Dalle mail di protesta ricevute in questi anni da chi tentava la strada autoriale, di fatica a comprendere quale siano i criteri attraverso cui è possibile firmare un programma televisivo.
C’è chi pensa sia necessario avere delle buone idee, c’è chi ritiene sia essenziale essere provvisti di creatività frammista a buona scrittura, c’è chi crede sia indispensabile conoscere la storia editoriale del mezzo. Certo è difficile spiegare ai giovani che sudano da anni e anni per capire il funzionamento dei media, che si laureano a pieni voti con la speranza di fare qualche piccolo lavoretto in Rai, che sanno tutto di storia della tv, perché loro no e gli “Eddy” si.
[…] Di scorciatoie per arrivare in video sono piene le cronache. Ma a rimetterci qui sono proprio i nostri autori, accusati spesso di “scrivere£ modesti programmi, di non avere sufficiente autorevolezza per imporre idee originali, di pigrizia creativa. Colpa dei tanti “Eddy” che firmano i programmi o colpa loro, per non essere capaci di porre un limite a questo andazzo?”

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2011-03-05

Fiction: USA Vs Europa, L'opinione dell'esperto


Giorgio Simonelli, esperto nel mondo televisivo, presente in Tv Talk, docente di Giornalismo radiofonico e televisivo e autore di molti saggi dedicati alla tv, ha rilasciato un'interessante intervista, al Giornale sulla fiction, focus a cuore di POP TiVVu.

Simonelli ha un interessante punto di vista, a differenza della maggior parte del pubblico e degli esperti mediali considera le serie made in Usa "vuote":


«Io non sono un fanatico delle serie televisive americane, preferisco quelle europee. Di solito sono sopravvalutate per colpa di un certo snobismo che le considera intriganti e misteriose, ma in realtà si tratta di fiction vuote, confuse, dove c’è più scena che sostanza».
Della fabbrica seriale americana si distacca dal confuso vuoto, per Simonelli Madmen, premiata per due anni consecutivi con il Golden Globe come miglior fiction drammatica, che è ambientata nella New York degli anni Sessanta e racconta la vita di alcuni pubblicitari, per l’ambientazione storica, che ne fa da sfondo. Sicuramente il è sopraffino il lavoro fatto su Madmen, ma da un'osservazione accurata si può notare come la maggioranza delle serie statunitensi abbia dei riferimenti all'ambiente storico e sociale in cui si svolge.
Ad esempio si veda Brothers and Sisters, con i continui riferimenti anche critici alla situazione politica americana, di certo non paragonabili ai Cesaroni, o a Nikita, due serie europee di successo ma con che comparandole con quelle statunitensi, risultano vuote per struttura narrativa e riferimenti esterni.

Anche lo stesso commissario Montalbano, citato da Simonelli come migliore fiction italiana, non riesce a competere per struttura narrativa con la complessità di quelle statunitensi, nonostante abbia l'eccezionale contributo autoriale di Camilleri. Le serie americane hanno "più scena che sostanza" davvero strano a dirsi davanti a un commissario che fa gli arresti senza mai usare la pistola, in cui gli spari sono severamente ammoniti, insomma dov'è la credibilità, lo spessore dell'arco di trasformazione del personaggio e la complessità dei loro caratteri? Montalbano è di certo un esempio più virtuoso in quest’ottica rispetto a Carabinieri, ma di certo difficile da affermare che una produzione italiana sia migliore di quelle statunitensi.

La serie più seguita che ha appassionato pubblici e esperti, per la sua complessità e mistero, ovvero Lost. Serie che a quanto pare non ha colpito Simonelli visto che tra le sei fiction in lizza per il premio "fiction del decennio" avrebbe salvato Lost ma solo «Dovendo proprio scegliere» perché almeno ha una struttura narrativa di una certa sostanza. E pensare che c'è stata gente che per anni ha curato e consultato Lostpedia, per cogliere i fitti rimandi di cui la serie è costellata. 
Simonelli afferma anche la fiction nei primi dieci anni di questo nuovo millennio è riuscita a soppiantare il reality, imponendo una nuova interessante narrazione televisiva
«Ha avuto sostanzialmente il merito di muovere un po’ le acque in dieci anni non particolarmente significativi per la televisione diventando un antidoto, almeno estetico, ai reality».
L'ultimo decennio è quello caratterizzato dal GF che dura 6 mesi, da una contaminazione del reality a qualsiasi generi dal game come La Talpa alla fiction con la real ficiton, vedi The City. Il reality cannibalizza gli altri generi, e il suo successo è sempre in ascesa, il pubblico non solo non è stanco ma brama di parteciparvi.  Addirittura si potrebbe affermare che la gente da reality, esce dallo schermo dell'intrattenimento per colonizzare territori a loro estranei. Come Sara Tommasi, le gemelline dell'Isola, Angela la rossa del Grande Fratello, tutte entrate nel rumors politico. Il reality oggi è quanto più un ufficio di collocamento vedi San Remo che ha assoldato l'solana Belen.

Concludendi è però condivisibile l'augurio di Simonelli, di aumentare la  creatività nella fiction televisiva, e se nel caso gli autori fossero in crisi da oggi saprebbero a chi chiedere.Iscriviti ai feed del blog

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2011-03-03

Passion real(i)..ty!!

Reality che passione” potrebbe essere il motto dei grandi network televisivi, che hanno trovato la gallina dalle uova d’oro nel genere tanto in voga: il reality.
 
Ultima della lista, che la eletto a programma di riferimento è la neonata Real Time, almeno nel digitale free, visto che i clienti pay la conoscevano già da tempo.


Fruttuosi guadagni a fronte di investimenti low cost, bastano una matrice di sceneggiatura sempre uguale, un unico set o poche esterno per sfruttare il desiderio di apparire delle persone. Il prodotto a basso costo fa audience e crea delle vere e proprie community di fan che seguono le moltiplicazioni mediale del format, sul web, nelle chat, nei blog, nelle ospitate, nei giornali; nella loro versione più tridimensionale, assaggiando un pezzo della posticcia realtà nelle “serate”.

 
E’ l’altra faccia della medaglia, un’altra posibilità remunerativa per ogni protagonista, per i network e per tutto l’apparato mediale, che si abbeverano copiosamente alla nuova fonte di ricchezza…manna in tempi di magra.

Protagonisti anonimo in cerca di una situazione migliore non mancano mai, che poi vadano alla ricerca chi di fama su un'isola o chi di un restyling della casa o di se stessa non importa, la parola d'ordine è accrescere.

E’ l’altra faccia della medaglia, un’altra possibilità remunerativa per ogni protagonista, per i network e per tutto l’apparato mediale, che si abbeverano copiosamente alla nuova fonte di ricchezza…manna in tempi di magra.

Protagonisti anonimo in cerca di una situazione migliore non mancano mai, che poi vadano alla ricerca chi di fama su un'isola o chi di un restyling della casa o di se stessa non importa, la parola d'ordine è accrescere.

Aspre critiche sono piovute ai tempi dello sbocciare dei primi talent e reality, disperazione e mancanza di dignità e scrupoli erano spesso associati a questi format, che però ancora oggi a distanza di un decennio continuano a pullulare e nessuno sembra aver capito la formula del successo come potrebbe essere sfruttata senza una denigrazione umana.

Stesso fenomeno sembrano ripercorrerli alcuni che davanti alla dicitura "real" e ad un frettoloso sguardo sulla neofita rete l'ha etichettata come " Reality makeover ispirati alla filosofia del brutto anatroccolo [...] che trasformo l'everyman (o medio man) in special one." Almeno secondo Algo Grasso guro della tv..analogica!

Ebbene si perché con un'osservazione approfondita Real Time con i suoi format come "Wedding Planners", "Ma come ti vesti", "Paint your life" etc. non fa altro che portare la straordinarietà a portata di tutti, quasi in processo di democratizzazione inverso rispetto ai più vecchi reality.

Ovvero se per ogni GF, o Isola milioni di uomini qualunque sono pronti ad estenuanti file di provini pur di avere una possibilità di entrare in un contesto astioso, fingere e grazie a ciò accaparrarsi fama, soldi e successo, prorogando un modello di vita disevolutivo; in real time insegnano a usare strumenti alla portata di ognuno per riuscire a realizzare quel che fino a prima si sognava sulle riviste patinate.

E così tutti possiamo avere quel comò multicolor di design, basta acrilico, e colla a caldo (c'è sempre!), tutti possiamo cucinare uno di quei piatti da foto, insomma esaltare ciò che abbiamo non è difficile nè costoso basta solo sapere dove mettere le mani!

Altro che " gioco sul filo della perfidia" smentiamo il guru non " si guarda Real Time per il sottile piacere di vedere all'opera la sublime «stronzaggine» degli esperti" ma per portare un po’ di creatività tra le mura, la cucina e il vestiario. Ebbene si la tv di fine analogico riscopre la funzione di utilità che la Rai aveva ad inizio mandato e poi persa tra un ballando e un'isola.


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